INTERVISTA CON L'AUTRICE. BARBARA MASCITELLI PARLA DI: LA CARENZA DI LIBERTÀ DI STAMPA E L'IMPATTO SULLE RELAZIONI INTERNAZIONALI

http://www.aracneeditrice.it/index.php/pubblicazione.html?item=9788825530667


Un libro che sembra abitare ogni epoca per l'attualità degli argomenti trattati.

Ce ne parla la sua autrice in una interessante intervista.

C. Q. Ciao Barbara sono veramente felice di poterti intervistare su questo libro che trovo non solo molto interessante ma anche estremamente attuale.

B. M. Ciao Consuelo sono io che ringrazio te per aver scelto di dedicare uno spazio al mio libro.

C. Q. Inizierei con la prima domanda se sei d'accordo.

B. M. Certo!

C. Q.  Puoi definire il concetto di gatekeeping. Nel nostro Paese esiste?

B. M. Con il concetto di gatekeeping si intende la modalità con cui un ente, un governo decide di dare un’informazione in base all’utilità e all’impatto mediatico che può avere sulla sfera pubblica. Dunque, manipolare e gestire le informazioni come fanno più comodo. È una modalità che è presente in qualsiasi paese, dipende da come viene adattata a supporto del governo. Anche il nostro paese usufruisce di questa modalità di diffusione delle informazioni, solo che si nota di meno rispetto ai paesi in cui la dittatura la fa da padrona. L’Italia ha un modello giornalistico mediterraneo, ovvero una stampa di élite dove la politica funge da gatekeeping, quindi da cancello dell’informazione che deve essere trasmessa a noi cittadini. Un’informazione che è già pensata e studiata per crearci un’opinione pubblica uguale a quella dei politici. Da questo si deduce quanto lo Stato influisca sui media nella sua funzione di regolatrice e finanziatore. Tutto questo si chiama clientelismo. Un esempio eclatante sono le campagne elettorali, durante le quali i grandi leader dei partiti politici si scannano tra loro nei vari talk show per propagandare la loro linea politica.

C. Q. Hai analizzato la Russia e la Turchia, quali elementi le accomunano?

B. M. La Russia e la Turchia hanno molte cose in comune, a cominciare dalla condotta politica che è tutto fuorché democratica. Entrambe si proclamano due repubbliche differenti, la Russia - a detta di Putin - una democrazia gestita dove è sempre giusto tenere alto il livello di sicurezza. In questo particolare momento, più che mai si nota quanto il presidente Putin ci tenga alla solidità del suo Paese. Nessuna informazione trapela, tranne quelle che vuole e decide lui. La Russia rimane isolata dal resto del mondo: i russi non sanno cosa sta accadendo realmente in Ucraina, o quanto meno non sanno tutto. Si predilige l’informazione locale a quella estera, perché considerata velenosa e distorta. D'altronde, per loro noi siamo il Male! La Turchia, anche, si proclama una repubblica ma sotto una veste dittatoriale. Negli anni ‘80 aveva adottato un modello di informazione pluralista polarizzato, tipo all’italiana, con un forte clientelismo e un parallelismo politico. Oggi, la fanno da padrona le grandi aziende: si parla di oligopolio, dunque grandi aziende sotto controllo del partito al governo AKP che a loro volta controllano le informazioni da filtrare alla popolazione, appoggiati alle forze militari. Chiunque scriva o diffonda notizie false sono intese come minaccia allo Stato e alla sua integrità.

C. Q. Quali elementi invece le differenziano?

B. M. La differenza tra i due grandi colossi dell’oriente la fanno i rispettivi presidenti: da un lato,abbiamo un presidente freddo e calcolatore come un vero soldato del KGB, che non bada molto alle circostanze. È impulsivo, lo vediamo tutti i giorni dal 24 febbraio con la guerra in Ucraina. È fortemente convinto delle sue idee e difficilmente le cambia. Incute terrore col suo sguardo, l’abbiamo visto tutti in tv o sul web come ha messo a tacere un suo dipendente davanti a tutta la commissione del suo governo. Erdogan, di contro, anche se a tratti sembra molto simile a lui, è più maldestro ma sa anche capire e ponderare le situazioni. Da queste due personalità si determinano gli stati della Russia e della Turchia: l’una ancora legata agli antichi albori degli zar, anche se li hanno cacciati, l’altra che tenta sempre di avvicinarsi in qualsiasi modo all’Occidente emulando e adattando per quanto possibile alcuni concetti tipici dell’ovest. Fin dalla nascita della repubblica turca è stato così, da Atatürk.

C. Q. Quale è la differenza fra stampa e comunicazione? Quale può essere più controllata?

B. M. Possiamo semplificarla in questo modo: la stampa è il mezzo, la comunicazione è ciò che viene comunicato. Due elementi che fondendosi sono molto pericolosi per lo Stato e chi comanda. Entrambi possono essere controllati e bloccati al momento opportuno.

C. Q. In una tabella studio che inserisci nel tuo libro l'Italia non spicca per "free press" puoi spiegarci meglio. 

B. M. La tabella che ho riportato nel testo nasce nel 1985 ed ha l’intento di monitorare il grado di effettiva libertà che i giornalisti, nuove organizzazioni e i netizen - ovvero le persone che partecipano attivamente alla vita online contribuendo e credendo fermamente nel valore della libertà di espressione tramite il web - hanno nei rispettivi paesi, di contro registra gli sforzi effettuati dalle autorità per rispettare tale libertà. L’indice viene pubblicato annualmente, basandosi su un questionario su pluralismo, indipendenza dei media, contesto E autocensura, legislatura, trasparenza, infrastrutture ed abusi. In base alle risposte fornite vengono assegnati dei punteggi e ad essi dei colori, che vanno dal giallo, arancio e rosso, in casi gravi anche nero. L’Italia è nella fascia arancione a causa, purtroppo, dei vari giornalisti che sono sotto scorta per le minacce di morte da parte della mafia (vd Roberto Saviano) o, in misura minore, da gruppi anarchici e fondamentalisti, non per condizionamenti governativi. Un appunto negativo è da fare alla politica generale italiana perché, chi più chi meno, condanna la stampa per il lavoro che svolge e rende noti i nomi dei giornalisti che criticano la loro linea di azione. Facendo parte del modello pluralista - polarizzato, è ovvio che i cronisti italiani subiscano a volte pressioni da parte dei politici, così anche da noi alcuni scelgono L’autocensura. C’è persino un disegno di legge che condanna da 6 a 9 anni di prigionia coloro che calunniano politici, magistrati o dipendenti pubblici.

C. Q. Quanto è stata strumentalizzata l'informazione nel nostro Paese relativamente alla pandemia e all'attuale conflitto?

B. M. Ad oggi, possiamo dire che strumentalizzare l’informazione è quasi un’azione naturale. È raro trovare in giro per il web o in tv o sui giornali un’informazione pulita. Con la pandemia essa è stata strumentalizzata ancora di più: per l’ennesima volta è stata usata l’informazione in maniera scorretta, da un lato per incutere terrore, dall’altro per propaganda. Una propaganda sbagliata perché la maggior parte delle volte abbiamo sentito tutti in tv notizie che si contraddicevano in merito ai vaccini, alla durata della pandemia e agli effetti collaterali che la malattia comportava. Tutt’oggi non sappiamo bene, ancora, a cosa credere. Viceversa, per l’attuale conflitto in Ucraina: penso non abbiamo mai assistito ad un flusso di informazioni così potente e veloce come adesso. Per quanto possa essere un argomento molto delicato, il digitale si è rivelato utile nella diffusione di tutto ciò che accade nello stato ucraino. Immagini, servizi televisivi, articoli, libri stanno permettendo alla nostra generazione di non chiudere gli occhi di fronte a tutto ciò che ci circonda, nel bene o nel male. Se non ci fossero i media, oggi non sapremmo realmente cosa accade in quelle terre; non sapremmo tutti i crimini di guerra che la Russia sta commettendo nei confronti dei cittadini ucraini, dell’umanità intera. Non potremmo prendere queste azioni come l’ennesima lezione di vita. Perché, in fondo, diciamocelo, è evidente alla luce dei fatti attuali che la storia precedente ci ha dato delle basi di insegnamento che adesso possiamo approfondire. Ma avremmo, di certo, fatto a meno di questa parentesi…


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